Fino a pochi anni fa per lo studio ed il monitoraggio del lupo erano utilizzati due approcci: il metodo naturalistico e la radiotelemetria.
Il primo si basava sulla ricerca dei segni di presenza sul territorio, come tracce o escrementi.
Il secondo sfruttava l’utilizzo di un sistema composto da un segnalatore radio VHF applicato ad un animale e di una radio ricevente con la quale si poteva rilevare la sua posizione, sistema poi evoluto nella tecnologia GPS.
A questi due metodi se ne è affiancato un terzo, capace di dare importanti risultati: l’utilizzo di tecniche di genetica non invasiva. La metodologia si basa sull’analisi del materiale genetico che può essere estratto da campioni biologici come muscolo e sangue ma anche feci, saliva o peli in piccolissime quantità, permette di ottenere informazioni sulla specie di appartenenza, il sesso, fino alla caratterizzazione del profilo genetico individuale, tramite tecniche di DNA “fingerprinting”, dell’individuo a cui appartiene il materiale genetico estratto.
Le nuove tecniche permettono inoltre di ottenere informazioni sugli spostamenti degli esemplari studiati, le eventuali relazioni parentali fra di loro, il grado di ibridazione presente in individui o popolazioni.