
Perché conservare il lupo?
Innanzitutto dobbiamo considerarne gli aspetti ecologici: in un ecosistema le interazioni fra le specie sono molto complesse, talmente complesse che non si riesce facilmente a studiare le relazioni fra due specie isolandole dal contesto in cui si trovano. Innumerevoli fattori contribuiscono infatti a regolare le popolazioni delle specie animali, mantenendole in un equilibrio dinamico.
Sottrarre una o più specie significa alterare degli equilibri naturali, evolutisi in migliaia di anni, con conseguenze che non sono neanche percebili al momento ma che si potrebbero rivelare in seguito molto negative. Bisognerebbe fare inoltre un passo indietro invece e considerare la nuova espansione del lupo come un successo della conservazione dovuta ad una nuova sensibilità sociale nei confronti dell’ambiente, originatasi nei movimenti giovanili ribelli degli anni 70’ del secolo scorso.
Infine dobbiamo considerare fortemente che tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto di vivere sulla Terra. Permettere che tutte le specie sopravvivano è un segno di civiltà e un esercizio di democrazia di cui tutti siamo responsabili.
La coesistenza fra il lupo e l’uomo non può prescindere dall’utilizzo di adeguati ed efficienti sistemi di prevenzione dei danni al bestiame.
È chiaro che la presenza del lupo coinvolge direttamente gli allevatori che spesso si trovano impreparati all’arrivo del predatore selvatico nelle aree di nuova colonizzazione oppure sono molto legati alle proprie abitudini e tradizioni familiari da non riuscire ad immaginare di condurre l’attività in maniera differente. Ad esempio, l’utilizzo di cani da guardiania di buona genealogia e educati correttamente è utile non solo per l’allevamento ovino in alpeggio ma anche per i bovini allo stato brado: l’utilizzo del cane da guardiania dei bovini si è rivelata una delle migliori pratiche diffuse dal progetto europeo Life Praterie, attuato dal Parco allo scopo di tutelare i pascoli in quota del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Lo stesso si può dire dell’utilizzo dei ricoveri per i vitelli al quale le madri in alpeggio fanno ritorno ogni sera per allattare i piccoli, non disperdendosi sulla montagna ed evitando così di diventare facile preda dei lupi. Ovviamente anche le recinzioni, sia fisse che mobili, elettriche o meno, devono essere realizzate in modo da essere a prova di lupo, cioè interrate e con parte aggettante esterna e prive di appoggi per salire se fisse, o con un numero adeguato di fili elettrici posti alla distanza giusta e con il giusto voltaggio.Tutti aspetti sviluppati durante progetti specifici, come Wolfalps sulle Alpi o Medwolf in Italia centrale, che hanno dato vita a realtà sperimentali di allevatori che promuovono buone pratiche fra gli allevatori stessi, come l’associazione Difesa Attiva.
Oggi l’allevatore deve essere informato e pronto a recepire le novità e le strategie disponibili o a recuperare pratiche tradizionali in disuso ma molto efficienti per tutelare l’allevamento.
In questo campo sicuramente è importante il ruolo delle aree protette che devono farsi promotrici, e molte già lo fanno, di favorire le conoscenze e rendere disponibili risorse per diffondere buone pratiche finalizzate alla coesistenza di attività antropiche e lupi.

